timthumb.php

Bilancio dopo 2 mesi da contributor di Forbes

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

{| style="width:100%; border:1px solid bl...Due mesi, giorno più o giorno meno. Dopo essere stato contattato da una cacciatrice di teste di Londra, mi è stata offerta la possibilità di scrivere per Forbes, per l’online, non per il magazine, anche se i due ambiti non sono proprio a compartimenti stagni.

È un’esperienza interessante, non facile, ma interessante. La bellezza e la difficoltà derivano essenzialmente dal modello di revenue di Forbes: su 1200 contributor, circa 400, fra cui il sottoscritto, sono pagati. Ma non un tanto a pezzo. Con un fisso, e una quota variabile in base al traffico. Dato che il fisso, diciamo così, non è elevato, l’incentivo è per chi scrive capire come aumentare il traffico senza per questo perdere la propria coerenza, identità e qualità media delle pubblicazioni. Visto che Forbes magari un domani non ci sarà più, o più facile, magari non lavorerò più per loro ma i pezzi, nel bene e nel male, rimangono online.

Al momento, l’articolo che ho scritto che ha avuto maggiori visualizzazioni è attorno alle 48.000 page views, che non sono poche. Il problema è capire come le ha ottenute, in modo da eventualmente replicare il successo.

In questo caso, la dinamica è interessante: circa duemila visualizzazioni nei primi giorni, e poi un’impennata costante per una settimana, a botte di 5000-7000 visualizzazioni quotidie.

Come mai è avvenuto questo? Con gli strumenti statistici che ho a disposizione è difficile dirlo, ma probabilmente grazie a due fattori in primis: passaparola e Twitter.

In generale, questo tipo di modello di business implica due cose per chi scrive: che quello che scrivi deve essere timely – ossia attuale – e al contempo il più possibile timeless, per continuare a generare traffico anche a distanza di giorni o mesi dalla pubblicazione.

Non è facile, e non è per tutti – non nel senso che sia per pochi eletti (non sono così spocchioso, almeno credo) – ma nel senso che sei completamente solo. C’è un controllo di massima sui pezzi – specie se cominciano a fare accessi – ma sei tu il tuo editore, il tuo redattore, e il tuo social media manager. Un po’ come un normale blogger. Con l’aggravante che se fai una sciocchezza su un blog che leggono in quattro, non è poi così grave (per quanto, mai sottovalutare la potenza virale della Rete). Se la fai su Forbes, le probabilità di fare una figuraccia globale sono un po’ più elevate.

Update: qualche integrazione a quanto sopra, suggerita dai commenti su Facebook.

Un tassello da aggiungere a quanto scritto più sopra, è la differenza di revenue fra visitatori nuovi e visitatori di ritorno. I secondi contribuiscono in maniera dieci volte superiore ai primi.
Questa è una scelta non fatta, com’è ovvio, a caso, ma come argomenta giustamente Andrea Iannuzzi su Facebook, perché “Valorizzare di più i visitatori di ritorno significa disincentivare il clickbait a favore della qualità e dell’attenzione. Altrimenti uno sarebbe naturalmente portato a non occuparsi di certi temi – magari meno attraenti in termini di traffico immediato”.

Sottoscrivo e aggiungo che esiste un meccanismo che ti aiuta a fidelizzare i lettori, che in sintesi, possono diventare tuoi “follower”, in modo da essere avvisati quando pubblichi nuovi contenuti. In maniera intelligente, è stata prevista la possibilità di scelta sulla frequenza di aggiornamento: giornaliera, settimanale, mensile. Poi ci sarebbe anche da parlare della gestione dei commenti, ma questo, davvero, è un altro post…

 

 

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>